Genova ritrova la sua vena calcistica e sportiva: tra identità, fine di una narrazione e nuovi inizi

Per anni, la narrazione attorno al calcio genovese è stata ingessata in una rappresentazione artificiale, che ha cercato – spesso con mezzi discutibili e logiche di potere opache analoghe a quelle che hanno frenato la città – di ridimensionare il potenziale popolare e nobile che da sempre caratterizza il Genoa CFC. Un racconto cucito ad arte, con arroganza, funzionale a garantire equilibri imposti da alcuni potentati locali, gli stessi che hanno gestito il destino della città (e delle sue squadre) come un asset truccato.

Non c’è più bisogno di girarci intorno: la finzione è finita, la narrazione costruita a tavolino è crollata, e con essa il progetto posticcio che per anni ha cercato di mascherare la realtà. La retrocessione della Sampdoria in Serie C non è solo un dato sportivo: è la chiusura definitiva di un’epoca artificiale. È la scomparsa, di fatto, dalla mappa di potere che a Genova ha fatto il possibile e l’impossibile perché la città italiana in cui il calcio è nato, lo sport restasse prigioniero di uno dei peggiori comitati d’affari mai creati .
Per anni, con trucchi, favori, vendite simboliche e protezioni invisibili, si è cercato di mantenere in piedi una narrazione fittizia, utile a pochi e dannosa per molti. Si è provato a mettere il silenziatore alla forza storica e popolare del Genoa CFC, la squadra più antica d’Italia, la vera anima calcistica della città. Si è tentato di creare un equilibrio basato sulla menzogna, sull’imposizione. Grande deve essere adesso ai piani alti o sotterranei la paura di dismettere una macchina da soldi e potere creata ad hoc in una fase storica precisa.
Ma adesso tutto questo è finito.

Il Genoa da alcuni anni oggetto d’attenzione di imprenditori e investitori che non provengono da Genova, può tornare solido, strutturato, con una visione chiara. Ha rilanciato il calcio femminile in cerca adesso di una casa e guarda avanti con progetti ambiziosi: una squadra next generation, sinergie con squadre straniere, un nuovo stadio, se i politici locali non procedono a mazzette e ricatti, una crescita continua e organica. Che potrebbe riguardare persino la nascita di una polisportiva. Il popolo genoano, dopo anni di resistenza, si riprende la città. Non più in coabitazione forzata, ma come unica presenza reale nel calcio di vertice. Un processo virtuoso che può e deve impiegare per fiorire qualche anno.

La retrocessione della Sampdoria non è un incidente. È un segnale storico. È lo sgretolamento di un’illusione, se non altro per come ci era stata a forza raccontata. E nel nuovo scenario non c’è più spazio per finzioni, né per ritorni di comodo. La città è tornata a essere rossoblù, e da oggi il Genoa non ha più bisogno di dividere nulla con nessuno. Il Ferraris è la sua casa. La squadra femminile è pronta a portare in alto anche il nome del club nel calcio donne. Il futuro è già cominciato.
Alla Sampdoria auguriamo proprietà meno tossiche di quelle del Parma di Tanzi , tutt’al più una piccola favola che a loro va già larga come Sassuolo o Atalanta. Ma ne esistono bacini d’utenza e ragione? Con Spezia, Entella, Sestri Levante e una probabile Next Generation Genoa dovranno in Liguria dimostrarlo. Ma intanto basta con una prosopopea in cui coabitano narrazioni necrofile, cerchi magici e vendite a un euro …

Il futuro del Genoa non è solo sportivo: è anche culturale, economico e urbanistico. Con una proprietà internazionale solida alle spalle, guidata da un presidente che è anche a capo di Confindustria Romania, si apre uno scenario ricco di sinergie, in particolare con l’area iberica, già attenta al modello Genoa. Le energie che si possono attivare tra Genova, l’Est Europa e la Spagna promettono uno sviluppo oltre i confini del campo.
In città si muovono già i primi tasselli: a breve l’inaugurazione della nuova sede del Genoa Point in Piazza Banchi, nel cuore del centro storico, e quella della Badia, che diventerà un simbolo del radicamento rossoblù nella cultura sportiva affacciandosi all’orizzonte anche una nuova cittadella dello sport, dove formazione, giovanili, e settore femminile avranno una casa comune.
Il museo del club, oggi ancora in una fase interlocutoria, potrà presto trovare spazio all’interno del restaurato stadio, diventando parte viva della vita rossoblù. Nel frattempo, si può immaginare una gestione provvisoria tra qui e cinque dieci anni del Ferraris affidata al settore femminile, che si sta imponendo con forza e orgoglio.
E infine, il progetto più ambizioso: la costruzione, a spese private, di un nuovo stadio affacciato sul mare. Un’opera che restituirebbe a Genova un impianto all’altezza della sua storia e del suo potenziale, chiudendo definitivamente con il passato e aprendo una nuova era di visione, stabilità e centralità.
Il Genoa non si accontenta di restare: vuole costruire. E farlo in grande.

 

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